Umbria phygital e processo social a Palazzo Cesaroni...tutti in aula!

Arte & Cittadinanza e Costituzione. 
Umbria phygital e processo social a Palazzo Cesaroni...tutti in aula! 

La piazza mediatica, rischio e opportunità. Delegittimazione e indignazione.
Tempi di facebook, "nuova alleanza" tra magistrati, avvocati e giornalisti                                                     
di Elisabetta Berliocchi Bistarelli 



                                                                                         
                               Avete visto il film "I Cento Passi" di Marco Tullio Giordana. 
                               Il film ha fatto conoscere la storia in tutto il mondo. 
                               Sin dal 10 maggio 1978 (giorno in cui la mafia uccise Peppino                                                                                                     Impastato, ndr) abbiamo portato avanti studi, ricerca,                                                                                                                    denuncia, memoria, analisi. Ci siamo scontrati con la mafia,                                                                                                         abbiamo chiesto giustizia e verità. Noi però non siamo riusciti in 22                                                                                                anni dove è riuscito il film nel giro di 48 ore.
                                                                                             Giovanni Impastato, 
                                                                                                                         Perugia, Auditorium "Aldo Capitini", 16 gennaio 2024


                                                                                                                    
                                                                                                                Vogliono il colpevole velocemente e vogliono la pena certa. Ecco                                                                                                     perché funziona il trasferimento sui socials del processo penale. 
                                                                                        Ma il penale è materia complessa perché alla fine è irrevocabile. 
                                                                                        Sui socials si arriva alla Cassazione in due ore.
                                                                                                                                           Sara Pievaioli, avvocato
                                                                                                                       Perugia, Palazzo Cesaroni, 10 gennaio 2024

"Ci ritroviamo sballottati fra fake news, bolle social, titoli clickbait 
e bassa propaganda che traggono in inganno la nostra percezione 
rinforzando i nostri pregiudizi. 
Ma forse, se alla fine le bufale coinvolgono di più, 
è anche perché la verità non ci piace abbastanza."
                                                                       Matteo Grandi, giornalista
                                    dal libro La verità non ci piace abbastanza. 
                                                             Il virus della disinformazione fra bufale, web e giornali (2021)
                                                                                                                                            


Intanto la location e qualche coordinata
Si trova a Perugia, nei pressi della Rocca Paolina e del Quartiere Baglioni, distrutto durante la Guerra del Sale e inglobato (ciò che resta) in questa fortezza pontificia. 
Ad illustrarci nel video Palazzo Cesaroni ( https://consiglio.regione.umbria.it/assemblea/istituzione/palazzo-cesaroni ) è la discendente di una delle illustri famiglie perugine schiacciate, dopo la rivolta, dal potere temporale di Papa Giulio III Farnese, Caroline Baglioni. Eminenti studiosi descrivono l'acropoli umbra turrita come San Gimignano. Anche le torri, simbolo del potere nobiliare, furono abbattute. Quella che oggi è la sede della Regione (Assemblea legislativa) prende il nome dal committente, appartenente all'alta borghesia, l'imprenditore Ferdinando Cesaroni. Fu progettata dall'architetto Guglielmo Calderini, affrescata da Annibale Brugnoli e Domenico Bruschi, un tempo abitata all'ultimo piano e nella torretta da Bettina e Brajo Fuso, animatori a Perugia di un salotto culturale d'eccezione. Capita sovente di partecipare a qualche corso di formazione continua per giornalisti in uno dei suoi spazi, entrando da piazza Italia. Nella Sala della Partecipazione, al piano terra, il 10 gennaio 2024 si è tenuto l'incontro moderato dalla giornalista Egle Priolo sul tema DAL PROCESSO MEDIATICO AL PROCESSO SOCIAL, IL RUOLO DEL GIORNALISMO AL TEMPO DI FACEBOOK. 
"Non è che la visibilità ti dà credibilità, è la credibilità che ti dà visibilità", ha commentato con tono perentorio l'avvocato Nicodemo Gentile. "Nelle aule giudiziarie, nei palazzi della procura, con gli investigatori, nei tribunali", la credibilità in ambito giudiziario "qui te la giochi". E non sbaglia, anche se sa bene qual è il ruolo dei media e dei socials nel suo ambiente. "Ci dobbiamo fare i conti con la stampa, la cronaca." E caldeggia, facendosene promotore, una "nuova alleanza tra avvocati, magistrati, giornalisti!". "La tv per alcuni è un circo mediatico, per altri una ferrovia che va percorsa con equilibrio". Infatti è il sostituto procuratore Mario Formisano a specificare convintamente come, per lui, un magistrato debba "vivere nascosto". "Un pubblico ministero ci mette la faccia ma è parte di un team, di un ufficio giudiziario, della Procura della Repubblica, è lo Stato". "Non dovrebbe dare spazio al protagonismo, al gusto di emergere. Occorre lavorare su questa debolezza e lavorare nascosto. Nascondimento della persona, non dell'attività". Pur ribadendo il ruolo fondamentale, in uno Stato democratico, dei giornalisti, "cani da guardia delle istituzioni", sottolinea come il processo mediatico, che si configura come "una duplicazione del foro", sia una "modalità degenerata da parte dei mass media di fare informazione". Essendo una "materia delicatissima" va trattata con cura da "giornalisti formati professionalmente nel rispetto delle regole". E cita "il giro della morte al Luna Park". Regole deontologiche certamente, ma anche "regole processuali, regole sostanziali". Quando si scrive e si parla, è importante "il come", "il chi". Ecco perché pure la credibilità del giornalista è la base del proprio lavoro e va difesa, tutelata se necessario, perché è facile oggi passare dall'altra parte dei riflettori, bisogna però saperlo fare. "La divulgazione mediatica", continua, "rischia di dare un verdetto al quale il giudice si piega." C'è da considerare un elemento importante, "la stampa veicola informazioni che il giudice non conosce. Il materiale di indagine, secondo il nostro modello accusatorio, dovrebbe essere conosciuto in sede processuale". A questo punto fa riferimento alla figura del "giudice tecnico", "refrattario alle contaminazioni mediatiche, non contaminabile". Arriva quindi la battuta: "facebook (come il bar) è il primo grado di giudizio!" E però "il processo mediatico è bulimico, prende tutto, non c'è 'giudicato', è inquisitorio, non ha luogo definito, non ha soggetti tecnici precisi"; "il processo giudiziario esclude, segue regole tecniche, di istituzioni". Entra poi nel vivo della materia citando l'articolo 329 del C.P.P. -Codice di Procedura Penale- (obbligo di segreto, "il p.m. secreta atto anche con i colleghi, con il coniuge, salvo casi in cui può divulgare, come talvolta fa con l'identikit di un indiziato"), l'art.114 del C.P.P. che "vieta la pubblicazione di atti coperti da segreto, anche parziale o per riassunto". Per gli atti non più coperti da segreto "la regola generale vieta la pubblicazione anche parziale degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare". Il pubblico ministero è "il custode della pertinenzialità". Le intercettazioni (legge Orlando) sono oggetto di vaglio... rilevante, non rilevante, vita personale...Altri temi su cui si concentra sono rivelazione di segreti di ufficio (art.326 Codice Penale), rivelazione di segreti inerenti un procedimento (art.379 bis C.P.), l'art.116 C.P.P. (atti) e via dicendo... "riservatezza e minorenni", "persona con manette o coercizione fisica salvo che la persona vi consenta". Tutti ricordano l'arresto di Enzo Tortora per la notorietà del personaggio, per la modalità con cui avvenne l'arresto, per la persona che fu. Come nel caso dell'arresto di Giuseppe Massimo Bossetti, "una barbarie", "arresti pirotecnici", commenta l'avvocato Gentile, "ben diversi da quello (di un ragazzo ventiseienne incensurato, ndr) di Pordenone ad opera delle Fiamme Gialle. Ripartire dall'uomo sulle vicende mediatiche: e se ci fossi io là dentro?" Bisogna sempre "chiedersi: e se fosse capitato a me o a un mio congiunto?". Il sostituto procuratore Formisano invita alla "trasparenza e comprensibilità dell'azione giudiziaria", che "alimentano la fiducia dell'opinione pubblica verso la giustizia. Il palazzo di giustizia è la nostra casa, una casa di cristallo tersa". Per esperienza personale ha potuto constatare che "l'indagato ti perdona se l'hai mandato a giudizio, se hai mirato a giocare pulito, senza distruggerlo dal punto di vista umano, ma se sei stato scorretto e hai cercato di indebolirlo dal punto di vista della dignità, allora no." "Mai trascendere dal giudizio del fatto alla persona. Non etichettare sul piano morale. Non citare fatti che nulla hanno a che fare con tema dell'addebito". 
Qui subentrano la "divulgazione mediatica" e "la pertinenza", oltre che "l'interesse pubblico", sempre in ballo. "Che cos'è l'interesse pubblico? Elastica definizione. Non la curiosità del pubblico. Non il gossip. L'effettivo interesse a cose. L'originalità del fatto. Chi e perché ha violato. Verifica dell'azione degli organi preposti. Valutare e comparare disvalore. Linguaggio non offensivo, non discriminatorio. Rispetto della dignità. Evitare stereotipi, spettacolarizzazioni, espressioni che sminuiscono portata dei fatti. Non chiamare indagati e imputati per nome. Non scendere sul piano della familiarità. 'Olindo e Rosa', 'Amanda' e 'zio Michele'...già assolti." E' il giornalista Michele Partipilo a richiamare alla continenza, e a ricordare una pietra miliare: l'art.27 della Costituzione italiana, "nessuno è colpevole fino alla condanna definitiva". Sulle sfumature: "nel nostro mestiere non ci sono tabù, dipende dal come si dà una notizia". Da distinguere "persona nota" e "persona pubblica". "Il giornalista rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di innocenza. Evita di citare persone il cui ruolo non sia essenziale per la comprensione dei fatti." Frappone "la deontologia come argine alla giustizia spettacolo. Parole chiave che ritornano: "libertà di espressione e diritto di cronaca", "verità (anche putativa), interesse pubblico e utilità sociale, corretta esposizione (continenza)." Si rivolge quindi ai colleghi. "Richiamo alla formazione, alle regole del processo, al codice...per essere consapevoli di ciò di cui parliamo, per usare un linguaggio appropriato, le parole giuste. Con le parole possiamo alterare il contenuto della comunicazione."
E' l'avvocato Sara Pievaioli a ricondurre la riflessione deontologica sul piano dell'umanità. Usiamola,  questa parola, senza timore. L'umanità non lede la nostra professionalità, né le toglie credibilità. E' in atto "il trasferimento dei processi sui socials. Secoli di lotta per il garantismo processuale, ed ecco che il principio della presunzione di non colpevolezza entra in crisi." Facciamo autocritica e prendiamo in esame "informazione giudiziaria (costituzionale/sovranazionale), diritto all'onore, alla reputazione, alla riservatezza, diritto alla presunzione di innocenza, deontologia dei giornalisti, vicende processuali". 
"Il processo mediatico ha costruito non la cronaca ma un circuito giudiziario parallelo alla giustizia ordinaria" dove sussistono "luogo protetto, competenze, garanzie, filtri (tra ciò che può entrare e ciò che non può entrare), distinzione tra indagato e imputato". A livello mediatico invece, rimarca, "il luogo è aperto, sono soggetti che non vivono il processo (criminologi, giornalisti, periti, opinionisti)", in pratica i processi hanno attuazione nei 'salotti televisivi'. Dal plastico di Cogne ad oggi, si sono moltiplicati". "Gli attori del processo mediatico", puntualizza l'avvocato, "hanno la narcisistica tentazione di portare la propria verità. La degenerazione è un rischio concreto. La stessa informazione viene snaturata nella sua finalità." Si trasforma in cronaca formativa, forma il convincimento. La comunità si eleva a giudice senza avere la minima competenza". E poi Sara Pievaioli passa inevitabilmente ad internet e ai social network, usati dagli stessi media. "La patologia del processo mediatico che si sposta sui socials è deflagrante. Non esiste oblìo nei socials. Limite di spazio e tempo non c'è, come in tv. E il principio di innocenza? Nel circuito social, nel circuito televisivo, nella migliore delle ipotesi abbiamo la condanna, nella peggiore l'odio seriale. Il principio della presunzione di innocenza viene calpestato. E 'l'odio da tastiera' si sposta sull'avvocato difensore dell'indagato, magari non ancora imputato, preso di mira. Si dice 'male non fare paura non avere', se sei indagato qualcosa devi aver fatto...Ma l'avvocato difende anche il reo confesso, perché ognuno deve subire un processo penale nel miglior modo possibile, con tutte le garanzie". E qui ecco la summa: "sui socials si arriva alla Cassazione in due ore".

In proposito personalmente sono rimasta colpita da un titolo. Il titolo di una conferenza tenutasi, il 2 dicembre 2023, nell' Auditorium di San Giovanni decollato a Città di Castello, che è poi il titolo di un libro di Paolo Mancini, professore ordinario di Sociologia delle Comunicazioni presso il dipartimento di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Perugia: PERCHE' NON CI INDIGNAMO? Nulla di nuovo, se non fosse che il "grido" parte dalle istituzioni stesse, intervenute "in massa" alla conferenza di presentazione al n.9 di via Sant'Andrea. La casa editrice Rubbettino on line lo promuove così. 

"L’elezione a una carica pubblica di chi ha commesso un reato non è mai un buon segno per la democrazia. Eppure in Italia, più che in altri Paesi, succede spesso che un politico corrotto, un amministratore indagato o anche condannato venga eletto o peggio, rieletto a una carica importante. La sua condanna non desta indignazione unanime così come non destano indignazione tanti altri casi di comportamenti illeciti che infrangono attese diffuse. Di fronte a tali casi gli italiani si dividono, spesso con un tifo da stadio. Il libro discute le possibili cause di questa contrapposizione tra la decisione di un giudice, le aspettative consolidate di un comportamento rispettoso delle regole sociali e invece la noncuranza, se non il disaccordo, di molti cittadini. Un Paese da sempre diviso, poco attento all’interesse generale e un discorso pubblico che privilegia la rincorsa al mercato dell’audience favorendo lo scontro, la rissa e l’esaltazione dell’eroe negativo, sono indicate tra le possibili cause della mancanza di un’indicazione condivisa. Dopo i capitoli iniziali che fissano un possibile schema teorico, il testo si sofferma sulla discussione di tanti casi di attualità che confermano l’esistenza di quello che viene qui definito “comportamento schizofrenico” del pubblico di fronte ai casi di malaffare."

L'autore invoca dunque l'indignazione di ogni cittadino chiamato a prendere parte alla Res Publica. Ecco allora che, implicitamente, si fa leva sull'articolo 21 della Costituzione italiana e si "avalla" l'esternazione della propria indignazione (certamente fatta con cognizione di causa e tenuto conto di diritti/doveri) pure sui socials. Perché proprio sui socials? Perché il web è sì spesso una giungla, ma è anche lo spazio aperto di condivisione che dà voce a chi non ha voce. Lo sa bene chi vive in un regime di dittatura. Lo sanno bene, in ambito di "Arte & Cittadinanza e Costituzione", gli street artists che, non trovando gallerie disposte ad esporre le loro opere, spesso di denuncia sociale, quello spazio se lo prendono, al di là delle autorizzazioni date ad alcuni in aree apposite (zona stazione ferroviaria Fontivegge e minimetrò di Jean Nouvel nel capoluogo, ad esempio). Occasione di riqualificazione della città, quando non si cade in atti di vandalismo e compromissione del lavoro di restauro/ristrutturazione/ridipintura di Beni storico-artistici, "imbrattati" (in questo caso come quando si interviene sui finestrini di alcuni treni che viaggiano ancora in Umbria) con tag e quant'altro. Ho ascoltato alcuni bombeurs, per usare un termine francese (sebbene le tecniche siano molteplici e non si limitino alla bomboletta spray) nel corso di una tavola rotonda coordinata da Matteo Piselli sul tema STREET ART & COMUNICAZIONE, giovedì 16 maggio 2019 alle 18.00, da "Umbrò" ("con l'accento sulla 'ò' ", bar, ristorante, eventi, market e libreria), in via S. Ercolano 2 (Street Art, a Perugia una tavola rotonda con gli artisti del momento (perugiatoday.it) ). Uno spazio riconvertito d'uso, quello dell'ex ospedale della Misericordia a Perugia, di circa 900 metri quadrati ( Perugia, nell'ex ospedale il luogo delle eccellenze: «Vi presento Umbrò, mix di cultura e prodotti top» - Umbria 24 ), che dall'apertura ha subito varie vicissitudini.

E allora PERCHE' NON CI INDIGNAMO? Già, perché...?
A Città di Castello, in un suggestivo scrigno d'arte, chiesa sconsacrata oggi utilizzata per convegni, eventi culturali ( Oratorio di San Giovanni decollato – Città di Castello (PG) (iluoghidelsilenzio.it) ), ad introdurre il dibattito è Marco Mazzoni, professore ordinario, per l'appunto, di Sociologia dei processi culturali e comunicativi (Scienze Politiche, Unipg). Inizia ringraziando le istituzioni e lo fa rivolgendosi in modo colloquiale al Primo cittadino, Luca Secondi: "Appena chiamo, viene! Perciò grazie della stima!", subito aggiungendo, "la libertà è anche essere di parte, mantenendo l'indipendenza". Ricordo le parole di Lucia Annunziata in tema: "la politica è una passione di parte al servizio di tutti". Poi focalizza l'attenzione sul "meccanismo di creare la denigrazione del nemico, la distruzione della dimensione privata. Patologico. Tutto è delegittimato. Nella reciproca delegittimazione, l'indignazione si perde." 
Torna sull'identità personale, e sul diritto all'oblìo, citando "la terza vita" di Anna Maria Franzoni (Cogne), di Erika De Nardo e Mauro Favaro detto "Omar" (Novi Ligure). 
Lascia quindi la parola al professor Paolo Mancini. "Il mio maestro!", dichiara Marco Mazzoni con affetto e orgoglio (orgoglio di appartenenza anche all'istituzione Unipg). E il Prof. contraccambia con termini altrettanto lusinghieri ("sempre molto bravo, gentile, grazie!"). L'allievo-docente pone dunque una domanda, dandogli del tu, già posta in sede di presentazione a Perugia. "Perché hai scritto questo libro?" Paolo Mancini fa un preambolo e alleggerisce il discorso con qualche aneddoto personale, casi specifici, titoli della stampa ad affetto. "Mia moglie tifernate consiglia di non leggere le prime trenta pagine (e qui strappa la risata della nutrita platea, ndr.), ma sono la cornice teorica all'interno della quale capire l'indignazione, come nasce chi ne ha parlato". E' partito dalle "ricerche sulla corruzione e sulla copertura giornalistica", che detto così fa mal pensare...cioè, specifichiamo, su come i mass media parlano di corruzione, "coprono la notizia". Espressione che in gergo giornalistico significa: come ci si occupa di quel fatto, argomento, situazione, nella sua completezza e con una certa continuità. "Sembra che ci sia tanta corruzione perché della corruzione in politica tanto non ci indignamo, perché sembra accettata". Pone in guardia dal "giudizio dell'opinione pubblica", perché è quello di "un giudice schizofrenico": "due punti di vista contrapposti", all'insegna della "divisività del paese", atteggiamento di chi "crea divisioni o contrapposizioni, impedendo di preservare o di raggiungere un'unità di punti di vista e di intenti" (Treccani ad vocem). Una contrapposizione tra "guelfi/ghibellini, fascisti/antifascisti, berlusconiani/antiberlusconiani, Grillo e...". "All' Italia mancano la religione civile, il bene comune e l'interesse generale. I mass media hanno la responsabilità della copertura giornalistica. E poi fa alcuni casi e nomi, dando interpretazione di fatti e fenomeni secondo il suo punto di vista. "Fabrizio Corona: eroe negativo osannato. Osannare un condannato è mancanza di senso civico. Il figlio di Riina, condannato ergastolano morto in carcere, ospite  a Porta a Porta, che scrive un libro sulla vita di famiglia dei Riina. Il figlio, mafioso egli stesso, in libertà vigilata perché legato alla mafia. Le conseguenze quali possono essere? che tipo di identificazione può esserci nel bene comune? che cosa può portare? Lo scontro tra Roberto D'Agostino e Vittorio Sgarbi in tv, 15 anni fa, con il lancio di un bicchiere d'acqua e il pugno, riproposto dalla trasmissione Otto e mezzo tre o quattro anni fa. Dare spazio a un comportamento riprovevole aiuta? Il Sindaco di Sperlonga, più volte arrestato, torna a casa e i cittadini lo applaudono: 'Benvenuto Sindaco!' E' un'opposizione nei confronti della magistratura quando la condanna c'è e diventa definitiva. E' colpa della magistratura? In parte sì. In prima pagina:  'giustizia a puttane' o 'macelleria', perché condannano sentenza a Silvio Berlusconi.". E ed ecco che a dargli man forte arriva la professoressa Rita Marchetti (Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Unipg), parte di un team di lavoro di "colleghi e amici (è lei stessa a sottolinearlo, ndr) tutti i giorni gomito a gomito. Paolo Mancini è anche mio maestro e di questo libro ho visto la genesi, il tempo che ad esso ha dedicato. Analizza calando nella realtà. I media prendono forma e caratteristiche dalla società nella quale sono inserite". Le ricerche recenti della docente universitaria si concentrano su "corruzione, inciviltà, odio e rabbia on line." Fa quindi dei 'distinguo'. "Eccome se gli italiani si arrabbiamo! Non è solo emozione individuale, rimanda a regole di una comunità che vengono infrante. Diverso da interesse personale è il lavoro di gruppo di ricerca, mi corregga se sbaglio. Che cos'è la corruzione. Il prof. Mancini ha coordinato un progetto di ricerca internazionale. Per noi è un po' diverso. Che cosa ci fa indignare? Se è qualcosa che viola delle regole." Un esempio. "L'autista che prende l'autobus per portare le persone al mare. Fatto corruttivo accertato eppure si dice 'fanno tutti così, forse anch'io avrei fatto così... ' ". Se la moglie, nella sua disanima del libro Perché non ci indignamo? si era concentrata sulle prime trenta pagine, l'allieva focalizza l'attenzione sulla parte terminale. "Alla fine del libro rimane l'amaro in bocca. Visione apocalittica. E allora? Non c'è speranza? Dal Corriere della Sera a Il Post... L'informazione è la base della democrazia. L'informazione di tipo professionale è il cuore della democrazia".
Siamo a Città di Castello, "città reattiva, propositiva". A dirlo è una voce autorevole, quella del già Procuratore Fausto Cardella (invito chi lo conoscesse solo di nome, a prendere in esame la sua lunga carriera e le cose fatte), attualmente Presidente della Fondazione per la prevenzione all'usura ( Fondazione Umbria per la prevenzione dell'usura Onlus (antiusuraumbria.it) ) che "vive in simbiosi con le istituzioni", nonché Garante di Ateneo all'Università degli Studi di Perugia. 
Un'informazione importante per i cittadini. Circa un anno fa è stato aperto in Alta Valle del Tevere lo Sportello Antiusura e Sovraindebitamento ( Portale Trasparenza Comune di Città di Castello - Sportello del Cittadino (URP) (cittadicastello.pg.it) ). Ma quello di Fausto Cardella, come rimarca, è "un legame non solo per le bellezze artistiche", con attrattive turistiche che spaziano nel tempo e arrivano sino all'ambito contemporaneo, perché si fonda su rapporti personali costruiti nel tempo (cita Franco Ciliberti, Luciano Bacchetta e altri, senza dimenticare i carabinieri, da sempre al suo fianco, come il luogotenente Fabrizio Capalti). "Ci tenevo a sottolineare questi miei sentimenti verso la città". Il discorso continua sul piano dell'umanità, oltre che su quello della professionalità. "Ho letto il libro (di Paolo Mancini, ndr) tutto d'un fiato. Voracemente. Oltre che essere una lettura gradevole, scorrevole, mi ha dato la sensazione, una sottile consolazione...mi è sembrato di non essere solo a vedere incongruenze della società. Talvolta il dubbio me lo pongo: sarò matto io...Non è che non ci indignamo, non ci indignamo secondo quella logica (manicheistica, ndr). Siamo rimasti ai guelfi e ai ghibellini. Se una cosa la fanno i ghibellini, i guelfi non si indignano. E viceversa. Siamo rimasti lì. Titoli da scontro, da chiamata alle armi, spropositati." Dal piano generale scende al particolare, nel suo campo d'azione: la separazione delle carriere tra p.m e giudice. "Cerchiamo di non parteggiare. Per quelli di destra il p.m. e il giudice debbono appartenere a ordini diversi. Sospettano che ci si metta d'accordo. E' la madre di tutte le ... per sistemare i problemi della magistratura. Per quelli di sinistra, apriti cielo! Se separiamo le carriere viene giù il mondo! Scene apocalittiche che portano allo scontro. Cambiare la Costituzione si può fare, non è cosa sacra, però in un discorso equilibrato. Invece no...la crociata! La separazione delle carriere c'è in molti paesi democratici, ad esempio in Francia, Portogallo. In Usa non c'è. In Gran Bretagna l'accesso è unico. E' un tema divisivo." Vira verso la violazione del segreto d'ufficio...pm, gup. "Radicalizzare le posizioni non serve a niente. A noi magistrati manca un codice deontologico cogente (lui ha partecipato alla redazione del Codice disciplinare e codice di condotta - Università degli Studi di Perugia (unipg.it), ndr.). Un magistrato può esprimere la propria opinione uscendo dalla logica di guelfi e ghibellini?" Riporta all'attenzione dei presenti un caso, quello di Iolanda Apostolico, giudice di Catania, che aveva "annullato il provvedimento dell'autorità amministrativa riguardo la collocazione dei migranti in un centro, e si sono scatenati con vecchi filmati". 
Ma chiudiamo con due aneddoti su mamme e zie, condivisi da relatori e platea partecipe al dibattito, una premessa emersa tra l'intervento del Procuratore della Repubblica e l'autore del libro, Professore Unipg, una riflessione sulla verità che scontata non è: 
-"Che cos'è la verità? Non esiste più un'unica verità. Viene costruita. L'audience va mantenuta."
-"I professori universitari possono essere di destra o di sinistra, ma assumere questo come metro di valutazione non è lecito [...]. Perché non buttiamo a mare i bricconcelli? La corruzione fa audience. Si fa spettacolo e non si rispettano le regole. 'Senza il nemico, il giornalismo deperisce' ".
-Fausto Cardella: "Mia zia, morta a 102 anni, verso i 99 anni mi chiese: 'Ma sei comunista? Sei magistrato! " (con tono quasi di rimprovero, come fossero due cose inconciliabili!, ndr.)"
-Franco Ciliberti: "Ero parlamentare, mai inquisito, nel periodo di Tangentopoli perfino mia madre mi chiedeva: 'hai rubato' ?" 

Concludo il "pezzo" con un' avvertenza, anzi due.

Prendetevi 20 minuti e ascoltate questo servizio di approfondimento:

Poi, concedetevi almeno 20 secondi, lasciando entrare nel cuore queste parole:

"Signore, insegnaci a uscire da noi stessi, e a incamminarci alla ricerca della verità. 
Insegnaci ad andare e vedere, insegnaci ad ascoltare, a non coltivare pregiudizi, a non trarre conclusioni affrettate.
Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare, a prenderci il tempo per capire, a porre attenzione all'essenziale, a non farci distrarre dal superfluo, a distinguere l'apparenza ingannevole dalla verità. 
Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo e l'onestà di raccontare ciò che abbiamo visto"
                                                                                                                                           FRANCISCUS
                                                                                Roma, San Giovanni in Laterano , 23 gennaio 2021
                                                                                    Vigilia della memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti


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