GOGNA e VOCI DI PIAZZA, SHITSTORM e PHYGITAL. "Processo mediatico, tra diritto all'informazione e rispetto della dignità della persona"

UMBRIA. Ma davvero è solo una questione di Formazione continua e di Ordine professionale? O è "una questione di Stato"?

GOGNA e VOCI DI PIAZZA...SHITSTORMPHYGITAL
"Processo mediatico, tra diritto all'informazione e rispetto della dignità della persona

La parola a magistrati, avvocati, giornalisti e vittime!

di Elisabetta Berliocchi Bistarelli




L'immagine parla da sola. GESÙ dato in pasto alla piazza che, di fatto (essendosene lavato le mani Ponzio Pilato), ha deciso. Vox populi. Processo "mediatico", diremmo oggi. Dove l'autorità giudiziaria non vuole o non può arrivare, si lascia all'opinione pubblica la sentenza. Ecco perché, dice bene il Presidente dell'Ordine nazionale, al corso di Formazione continua per giornalisti dal titolo Il processo mediatico: tra diritto all'informazione e rispetto della dignità della personaattenzione alla "delegittimazione dei giornalisti"! 
Cronaca giudiziaria. Il problema, prosegue Carlo Bartoli, vertice dell'Odg, è che quando "le informazioni non escono", quando non si hanno che "briciole", quando si chiudono le porte ai giornalisti, allora è dura ricostruire "fatti concreti". Ok, si può usare la "deduzione, ma devo avere elementi da cui partire", riflette Andrea Camaiora, Ceo The Skill, esperto di gestione e comunicazione delle crisi. "La cronaca giudiziaria nasce nell' '800 come cronaca dei processi. Si guardano tutte le udienze, esame e controesame del test, per avere un'idea completa". Il proprio curriculum vitae è lui stesso a illustrarlo, ritenendo importante far capire da quale punto di vista si parte, in quale contesto si opera abitualmente, con quale competenza si giudica, in nome di una "comunicazione vera, sincera, autentica"



"Quando scrivi, lo devi fare, in ginocchio per amare, seduto per giudicare, eretto per combattere e seminare" , scriveva il giornalista beato Manuel Lozano Garrido, "Lolo", nel Decalogo del giornalista, come letto in un articolo sulla rivista I luoghi dell'infinito, donataci alla Giornata mondiale della Gioventù - GMG2011. Si giudica...qui sì, perché di 'giudizio' si tratta. In primis quello dei magistrati. Ed ecco che entra in gioco un termine ineludibile, "credibilità", conditio sine qua non per esercitare qualsivoglia professione, che sia quella di giudice, pubblico ministero, avvocato, giornalista, docente o ceo. 


Parole e concetti-chiave continuano a scivolare lungo il dibattito: informazione e giustizia, credibilità, onore, reputazione, buona informazione, presunzione di innocenza, presunzione di non colpevolezza, diritto all'oblìo, processi mediatici, notizia di interesse pubblico, "Procuratore oggi protagonista esclusivo della comunicazione con la stampa", news legislative e, per me novità lessicale, "litigation pr(per la quale rimando al link:  https://stampafinanziaria.com/litigation-pr/ ). È Andrea Camaiora a parlare di "litigation pr, danno all'onore, capacità lesiva della notizia, verità mediatica che si sovrappone alla verità storica". Fa riferimento al caso Ruby e alla sentenza Rigopiano. "Tutti hanno famiglia... imprenditori... reputazione... figli...vicini di casa... ...'Vergogna, vergogna!' ...i parenti delle vittime... fisicamente addosso i media. Stampa aderisce acriticamente alle posizioni dell'accusa. Incidono relativamente nel giudizio del magistrato. Abbiamo il piano del diritto, spettatori più o meno competenti, operatori della comunicazione. Tema della reputazione". Altre parole-chiave sottolineate sono "estraneità e innocenza", "confidenza (altrimenti non potrei permettermi di dire certe cose; ci sono elementi che devono essere chiariti; persone incensurate, vita di un certo tipo, fino a quel momento...)". Questione di "credibilità, eventuale riverbero mediatico e capacità lesiva della notizia, rispetto dell'onore, rispetto dell'autonomia, rispetto dell' indipendenza, di risposta pronta, buona fede, onestà intellettuale, di fornire elementi per valutare". "Socials abbassano il mondo dell'informazione, rialzare il livello!".
Ma analizziamo con ordine. 

Il decreto legislativo 188/2021 rafforza la presunzione di innocenza. In realtà "atto non indispensabile perché la normativa era già esistente, ma il d.l. è un atto che recepisce nel nostro ordinamento la direttiva europea (Dir.U.E. 2016/343), che ha la precedenza rispetto al diritto interno", sottolinea Marina Castellaneta, professore ordinario di diritto internazionale presso l'Università di Bari. E arriva il richiamo, affinché i giornalisti "non presentino indagati e imputati come colpevoli". Anzi, occorre specificare "se indagato e non imputato, e in quale fase del processo siamo". Fermo restando, aggiunge, "la massima tutela della libertà di stampa", "la libertà dei media che va salvaguardata perché apre a tutte le altre, è un bene pubblico". E ricorda "i giornalisti uccisi in Grecia, Paesi Bassi, Slovacchia. Devono essere protetti, assicurano trasparenza e informazione", alla luce delle "azioni vessatorie" messe in atto nei loro confronti. Nessuno può "compromettere il lavoro dei giornalisti", ancor più perché è "interesse della collettività ricevere informazioni". 

Presunzione di innocenza che riguarda "atti di indagine e informazione giornalistica", "libertà di espressione dei giornalisti, ma anche dei magistrati". Una cosa poi sono i "giudici professionisti, altra cosa "la giuria popolare". Da non dimenticare "il diritto all'oblìo", in relazione al quale "non si devono intromettere altri rispetto ai giudici. Ribadito il diritto di rimanere in silenzio". Si attua, dice Carlo Bartoli, "la riesumazione di casi chiusi passati in giudicato". Diritto all'oblìo e relativa deindicizzazione sui motori di ricerca. "Nel mondo digitale le notizie girano anche senza filtri. Chiudere i rubinetti dell'informazione è dannoso, perché un giornalista fornisce un'informazione precisa e documentata. Serve informazione più professionale. L'accesso ai documenti e alle fonti evita errori. Fornire strumenti per capire e non lasciarsi guidare da emotività. Spazio all'accusa e alla difesa." 
Interviene Rita San Lorenzo, avvocato generale della Cassazione, per anni giudice civile del lavoro. "Tema al centro la presunzione di innocenza", "la serenità del giudice", dinanzi a "spettacolarizzazione", "manipolazione del consenso", "propaganda", "invettiva". "I comunicati ufficiali solo per rilevanza e motivati": "stretta necessità ai fini della prosecuzione dell'indagine", "collaborazione da parte dei cittadini", "valutazione rimessa al Procuratore e alla sua sensibilità". E punta il dito su "una 'logica di scambisti', sottotraccia, tra uffici della Procura e informazione, insider/outsider, reciproco vantaggio/reticolo di scambio". Che i giornalisti non divengano - cita Luigi Ferrarella - non si trasformino "da cani da guardia in cani da salotto al docile guinzaglio del magistrato!".

No al "circo mediatico" e al "processo spettacolo" anche da parte del moderatore, Gianluca Amadori. "Cinque sono i gradi di giudizio prima che una sanzione disciplinare dell'Ordine dei giornalisti passi in giudicato." Ordine dei giornalisti che quest'anno compie 60 anni ( 60 anni Ordine dei giornalisti - Ordine Dei Giornalisti (odg.it) )
Marina Castellaneta riporta il caso di un professore accusato di essere leader di una setta satanica. Archiviato. Prosciolto. "I giornalisti nello scrivere la notizia avevano: a) usato il condizionale; b) scritto "presunto" leader; c) riportata la nota del carabinieri sulla condotta fino a quel momento irreprensibile.
Il penalista Gaetano Scalise volge i riflettori verso le anticipazioni della notizia alla stampa che "creano un gran rumore intorno a indagini giudiziarie e le presentano dal punto di vista del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, nel momento in cui è assente la difesa. Questo,  quando poi magari si arriva all' assoluzione che non ha mai uguale attenzione". Suggerisce un libro, Giustizia mediatica di Vittorio Manes. Giustizia mediatica che definisce come "problema patologico, distorsione, stortura della giustizia penale, che è diventata essa stessa spettacolo, portata all'attenzione dell'opinione pubblica in questa fase anticipata, gestita da chi propone l'accusa". Repetita iuvant, diceva mio padre. Un concetto che va tenuto sempre presente: da quale pulpito arriva e perché, che interesse ha, chi lo dice, a dirlo. 


A volte il rapporto informazione/giustizia "diventa talk-show, con un'attenzione perversa su di un fatto che deve essere accertato. Poi con i socials ormai sono tutti giornalisti, opinionisti, bloggers. Tutti possono dire tutto. È velocissimo, acronico, e anòmico (non rispetta regole del codice, superficiale)", specifica Gaetano Scalise. "Regole", legge, versus "audience, spettacolo". "Indagato conseguenze inimmaginabili." Accenna alla violenza sessuale. "Magistrati, avvocati, giornalisti tra diritto e dovere di cronaca. Professione alta e rispetto della dignità della persona." Si rivolge ad ogni giornalista senza mezzi termini e giri di parole, pur sottolineando "Siamo avvocati liberali!" Lo fa in qualità di Presidente della Camera penale di Roma, e invita, nel viaggio phygital (perché anche di questo si tratta), a guardare alla dignità come a un faro. "Pensate a quanti danni potete fare alla dignità nell'essere superficiali o incapaci nel leggere le cose della vita". Poi allenta un po' la presa, portando il discorso sui suoi momenti di pigrizia/studio (otium alla latina), momenti di relax in cui si concede letture più "leggere" rispetto a quelle che impone la quotidianità lavorativa di un avvocato penalista. Letture, come quelle firmate da Stefano Rodotà che, nella pubblicazione Che cos'è la mafia (gennaio 2015), in riferimento all' art.3 della Costituzione italiana, evidenzia come sia da considerare e da tutelare "la dignità non solo in quanto uomo, ma derivata dalle relazioni sociali, riconosciuta dagli altri". "Via dunque, personali e narcisistiche osservazioni", spazio a "equilibrate informazioni". Ecco quindi, conclude, che nelle Scuole bisogna comunicare al meglio la giudiziaria.


A citare, in un forense call & response, il volume di Vittorio Manes Giustizia mediatica, è anche  Rita Sanlorenzo. Pur ribadendo l'importanza della "pubblicità del processo ai fini della trasparenza e del controllo del pubblico sul procedimento processuale", stigmatizza la "messa in scena mediatica che impedisce di comprendere quella vicenda giudiziaria e può indurre a una giustizia parallela". Messa in scena mediatica dalla quale, "bandito il sapere tecnico", un giudice non è immune ("è impossibile che un giudice non senta la pressione della messa in scena"). A fronte della "predeterminazione da parte dei giudici", "la miglior difesa è la preparazione professionale". "Robusta formazione culturale". "A volte il giudice è avulso dalla realtà in cui sta vivendo". Un conto la "prova dei processi", un altro è "la prova dei mezzi di comunicazione".


Per quanto concerne "la comunicazione stampa-giustizia", l'art. 2 del decreto legislativo "accentra tutto nelle mani del Procuratore, che può", spiega Marina Castellaneta, "comunicare informazioni di carattere generale alla stampa, scegliere in che modalità e quale magistrato comunica, impedendo a polizia e forze dell'ordine di comunicare con la stampa." Ci si avvale dei "comunicati stampa" ma "non hanno tutte le informazioni, non permettono al giornalista di fare le domande". Quindi, osserva semplificando, "la regola in Italia è 'non comunicare', mentre a livello internazionale è 'comunicare' perché di interesse pubblico. Eccezione, la conferenza stampa ma... A discapito della trasparenza si dà priorità a sicurezza dello Stato ed esigenze di ordine pubblico". Brevi cenni all' "art.116 del Codice di Procedura penale, utilizzato ma spesso respinto", e alle "intercettazioni telefoniche". 


A sottolineare come le categorie professionali dei giornalisti e degli avvocati siano vicine, ci pensa Irma Conti, vice presidente dell'Ordine degli avvocati di Roma, che fa riferimento all' articolo 21 (diritto all'informazione), all' articolo 24 (diritto alla difesa) della Costituzione italiana, e alla Dichiarazione dei Diritti dell'uomo, fondamentali per gli Stati democratici. Rimarca inoltre l'articolo 10 (libertà di espressione) del Cedu (Convenzione europea dei diritti dell'uomo) e l'articolo 18 del Codice deontologico forense (rapporti con la stampa).


Come sempre il richiamo è alla tutela della dignità umana. Questo sia attraverso la menzione della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea (nota come "Carta di Nizza"), che alla Convenzione europea dei Diritti dell'uomo, in particolare l'articolo 10 ( European Convention on Human Rights (coe.int) ), "strumento vivente che va interpretato, al quale concorrono a dare attuazione tutte le sentenze". Quando ci troviamo di fronte a "fatti in cui sono coinvolti politici o amministratori pubblici (indagine in corso), la notizia è di interesse pubblico." Basilare "conoscere il funzionamento dello stato della giustizia". Siamo dunque al solito bivio tra "tutela della reputazione e interesse pubblico a ricevere informazioni" garantito dalla libertà di stampa. Anche nelle inchieste penali in corso "spetta al giornalista scegliere le modalità". 



"I rapporti personali, consentono di superare ostacoli e rendono più semplice la ricerca della reciproca verità". Lo afferma un'autorevole voce, l'attuale vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, che cita Leonardo Sciascia..."il fatto crea la notizia, non la notizia il fatto". "L'informazione non è neutra. 'Buona informazione' è quella protetta da equilibri costituzionali, norme costituzionali in equilibrio. Occorre garantire a chiunque il rispetto dei diritti costituzionali." Fa un elenco: "art.5, art.21, art.24, art.25, art.27, art.111. Nessuno prevale sugli altri articoli. L'informazione di garanzia (prima c'è la comunicazione giudiziaria) oggi è un marchio rosso prima dell'intervento del giudice. Deve divenire da elemento di accusa a elemento di garanzia effettivo [...] La corsa allo "scoopismo" non è buona. Qualche dieta ce la dobbiamo imporre. Confronto, non blocco delle informazioni, ma prima di scrivere occorre pensare agli effetti. Il giornalista rinuncia a pubblicare, se più danni che benefici". Giusto, poi nella realtà dei fatti spesso accade, purtroppo, diversamente. Anche perché è difficile, talvolta, prevedere i danni che può procurare il semplice dire la verità (o frammenti di verità, non avendo il quadro completo). Danni, però, che possono rivelarsi benefici. Non certo quando c'è un reato e si colpiscono l'onore, la reputazione, la dignità.
"Prima ci chiamavano le forze dell'ordine di fronte a un fatto di rilevanza concreta. Noi andavamo, vedevamo, scrivevamo. Fatti concreti. Oggi vige il 'no ai giornalisti'. Il processo mediatico è una tavola imbandita attorno alla quale si siedono avvocati, magistrati e giornalisti", conclude il Presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti dallo schermo, a fine corso di formazione continua. Siamo infatti a Perugia, all'interno della Sala della Partecipazione a Palazzo Cesaroni, in collegamento con le sedi di Roma e di altri Ordini regionali, tramite piattaforma in streaming con altri iscritti. Questa volta... evento phygital!!!



Nel corso della tavola rotonda Gaetano Scalise, presidente della Camera penale di Roma, è accolto insieme agli altri relatori con un sonante "Benvenuti nella Casa dei giornalisti!" Ebbene, di fronte a sé, nella sede dell'Ordine nazionale, legge una frase. È di Pippo Fava, giornalista ucciso da "Cosa Nostra". 
"Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni e le violenze che non è mai stato capace di combattere".

Le parole sono importanti e possono essere usate come pietre o come fiori, per distruggere o per costruire. Ci sono poi parole che creano distorsioni. E che così uccidono. Parole che servono per difendere e difendersi. E che così salvano.

"La strage di Viareggio"
A proposito dei titoli dei giornali...
Il Presidente degli avvocati: 
"Incidente ferroviario è una cosa, strage è un'altra cosa"
Il Presidente dei giornalisti:
"Un treno ha deragliato e ha causato una strage"




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