Alberto Burri..."LA LUCE DEL NERO" , "CHE TEMPO CHE FA", "CHIASSO CON IL M.A.X."...lunga vita al nostro MAESTRO!

Alberto Burri..."LA LUCE DEL NERO", "CHE TEMPO CHE FA", "CHIASSO CON IL M.A.X."...lunga vita al nostro MAESTRO!

di Elisabetta Berliocchi Bistarelli



Parto da una nota di colore personale (costume e società). Ho scelto il NERO, come tinta per la mia auto. In realtà sono due, i neri. BLACK and NOIR, brillant et mat. Ma non la celebre fashion city car a edizione limitata, bensì la hybrid eco chic, con un occhio attento all'ecologia e alla salvaguardia di quella natura usata a piene mani dal maestro Alberto Burri per i suoi "Legni", "Sacchi", "Combustioni" con la fiamma e la materia bruciata, fino ad arrivare alla Land Art e al "Cretto" di Gibellina, in Sicilia, città devastata dal terremoto  e da lui ricostruita a suo modo (è invece di queste ore, giorni, la serie di scosse sismiche in Umbria). Double couleur. "Un'esclusiva carrozzeria 'dual color': in nero lucido sono calandra, portellone e fiancata, mentre il tetto e il cofano sono vestiti di un elegante nero opaco", si legge in un articolo di redazione non firmato, in una rivista dedicata ai motori. No, non è pubblicità. È design, storia d'azienda e arte contemporanea, che investe di sé il territorio e i vari ambiti del vivere quotidiano, che affonda le radici nell' Arts and Crafts e nella Staatliches Bauhaus. Quell'arte con la A maiuscola, visto che si parla di un pioniere dell'Informale, anche se ogni definizione è riduttiva e non riesce a contenerne grandezza, versatilità, spessore e portata internazionale. 
NERO, alcuni dicono "un non colore", ignorandone la profonda incisività cromatica e le diverse sfumature cangianti SOTTO L'INCIDENZA DELLA LUCE. Luce, "LA LUCE DEL NERO", come il titolo della grande mostra tenutasi a Città di Castello negli Ex-Seccatoi del Tabacco. Insieme a Palazzo Albizzini, questi capannoni neri d'archeologia industriale riconvertiti d'uso, resi fruibili e così voluti dal maestro, sono la sede del Museo e della Fondazione Burri che attira, in una cittadina abitata da poco più di trentottomila abitanti, visitatori giunti da ogni dove. 


Enfant du pays Alberto Burri, legatissimo al territorio, eppure "cittadino del mondo", cosmopolita vissuto per anni a Roma, dove tenne la sua prima esposizione personale alla galleria "La Margherita" e conobbe Minsa Craig, ballerina americana di origine ucraina, sua moglie... in Francia, a Beaulieu-sur-Mer, dove finì i suoi giorni nella splendida Côte-d'Azur... negli Stati Uniti dove, quando era tenente medico, prima fu fatto prigioniero dagli inglesi insieme a Giuseppe Berto e Beppe Niccolai, rinchiuso per 18 mesi "nel 'criminal camp' per non cooperatori del campo di concentramento di Hereford, in Texas, per poi venire, "nella primavera del 1944, catalogato tra i fascisti 'irriducibili' ", dopo il rifiuto di "firmare una dichiarazione di collaborazione propostagli". Periodo di prigionia che lo spinse a non occuparsi più, come medico, del genere umano perché non meritevole delle sue cure, stando ai racconti di chi lo conosceva, e ferito nel profondo da questa esperienza. 


Sebbene fu proprio con le mostre del 1953 tenutesi a Chicago e a New York e con il sostegno di James Johnson Sweeney, direttore del Solomon R. Guggenheim Museum di N.Y., che la sua fama divenne globale (https://it.wikipedia.org/wiki/Alberto_Burri). La sua collezione però, alla quale attese fino alla morte, volle donarla al paese natìo, Tifernum Tiberinum, occupandosi personalmente della realizzazione dei "contenitori" architettonici e della sistemazione del proprio corpus di opere d'arte, realizzate in parte nella dimora acquistata nel 1962 a Case Nuove di Morra, frazione dei dintorni, trasformata in uno studio-atelier. Viveva a pochi passi dalla cattedrale e dalla torre civica, in un appartamento incastonato nelle pietre del centro storico di Città di Castello, con un bunker sottostante utilizzato pure dalla moglie per le sue coreografie. Così mi spiegò lei stessa nel corso di una delle interviste fattele, non tralasciando di sottolineare come anche nelle vite più luminose, o apparentemente tali, esistono momenti bui che definì "croci".  Ed ecco quindi il NERO come BUIO DELLA BIOGRAFIA e BUIO DELLA STORIA CONTEMPORANEA, segnata dalla guerra, che non fa mai sconti a nessuno né tesoro delle esperienze devastanti vissute, in un susseguirsi di corsi e ricorsi storici, in cui il vettore è un cerchio, simbolo della classicità, che a volte diviene una freccia, emblema dell' avanguardia proiettata verso il futuro. 
Il NERO come BUIO è però anche quello DELLA VISTA ed esiste il progetto "Beam Up" (Blind Engagement In Accessible Museum Projects) "che affronta in chiave internazionale e inclusiva il tema dell'accessibilità dell'arte contemporanea per il pubblico" non vedente ( https://www.beamup.eu/index.php/en/ ). Vi rientra appunto LA LUCE DEL NERO, mostra che ha offerto "un'esperienza sensoriale immediata e fortemente stimolante", curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Albizzini, il quale non ha mancato di sottolineare come il nero "tra la fine del Medioevo e il XVII secolo avesse perso il suo statuto di colore" e come siano "stati gli artisti a riconferire al Nero la sua valenza cromatica e in particolare, tra loro, appare essenziale l’azione di Kazimir Malevič, autore del celebre Quadrato nero su fondo bianco (1915), richiamato in mostra mediante una stampa che ne riproduce l’immagine”. Tra gli altri: Agnetti, Bassiri, Bendini, Castellani, Fontana, Hartung, Isgrò (con i suoi tratti neri sopra le parole "maestro delle cancellature"), Kounellis, Lo Savio, Morris, Nevelson, Nunzio, Parmiggiani, Schifano, Soulages e Tàpies. 


C'è poi quel NERO che è "CAECITAS", evidenziato e definito come "lo SGUARDO INTERIORE della 'veggenza' psichica e poetica all’opposto di quella fisica", che solleva oltre ciò che è greve, nel reale, e permette di spaziare al di là dei limiti. 
Non esistono però solo i poeti e nel buio, a volte, si nasconde chi concepisce e fa azioni volte al male, e non vuole che quel buio venga illuminato. NERO, BUIO quindi come MALE, un male talvolta subito, talvolta scelto. Merito dei giornalisti, di chi fa comunicazione e dei socials, quando non di magistrati e forze dell'ordine, se viene dato spazio a chi non ha voce, ai cosiddetti "INVISIBILI", vittime spesso di violenze, soprusi, ingiustizie, che escono dall'oscurità nella quale la vita li ha relegati. Quelli che Gesù chiama "poveri". Una povertà che spesso non coincide con il conto in banca o con i soldi in tasca. 


Ho cominciato forse così, ad approfondire l'operato di Roberto Saviano, guardandolo e ascoltandolo parlare dal video, nel corso della trasmissione Che tempo che fa. BUIO come "BUCO NERO". Ricordo ancora benissimo le sue parole e lui, stagliato contro un'opera blu di Fontana, con quei "Buchi" che sembrano proiettili, una delle cifre stilistiche del fondatore dello Spazialismo, "aperture verso uno spazio ulteriore" disposte secondo un disegno che delinea vortici e costellazioni (https://www.fondazioneluciofontana.it/index.php/i-buchi). L'oscurità oltre e dentro quei buchi, ma anche la LUCE dell'installazione DI TUBI FLUORESCENTI AL NEON, ideata nel 1951 per lo scalone della Triennale, allestita nella Sala Fontana al Museo del Novecento di Milano ( https://www.museodelnovecento.org/it/collezione ). Un suggestivo dialogo tra spazio e tempo: dall'interno, una vista mozzafiato, di notte, sul Duomo illuminato...dall'esterno, invece, grafismi luminescenti visibili attraverso le grandi vetrate...Altri artisti, come in precedenza ad esempio Osvaldo Licini, sono stati scelti per "firmare" scenografie d'eccezione, quelle della trasmissione condotta da Fabio Fazio. Quest'anno è toccato al maestro Alberto Burri, le cui opere ogni sera, a mano a mano, scivolano dietro al "red carpet" calpestato dagli ospiti che sfilano, per essere intervistati, fino all'ormai celebre tavolo-acquario degli studi televisivi di Rai3. 


Ma Alberto Burri è anche protagonista dell'esposizione collettiva prolungata fino al 16 aprile, dal titolo  Materia, gesto, impronta, segno: l’opera grafica di Burri, Vedova, Kounellis, Paolucci e Benedetti, a cura di Antonio d’Avossa e Nicoletta Ossanna Cavadini. Oltre cento le opere di cinque nomi che hanno lasciato il proprio segno nella storia dell'arte del '900: Alberto Burri, Emilio Vedova, Jannis Kounellis, Flavio Paolucci e Mario Benedetti. BUIO come INCOGNITA, percorsi culturali e di vita in cui balenano e baluginano "scintille" didattiche. E noi ci fidiamo degli esperti! Chiasso al M.A.X. dunque!  "M" come museo ... "A" come arte..."X" come "incognita dello sviluppo di tutte le forme d'arte nel divenire della contemporaneità", nel quadro di un'arte contemporanea che sempre più va verso la "cultura del progetto" aperta a declinazioni e coniugazioni, nella pratica, in modi inaspettati e sorprendenti. In video di pochi minuti l'anteprima di un viaggio virtuale guidato da Nicoletta Ossanna Cavadini che passa attraverso cinque parole-chiave (concetti-chiave), "#leperledelmax, #scintille, #tiaccendounidea, #quizARTiamo, #seguitelalanterna, e quattro luoghi, Cinema teatro, M.A.X. Museo, Spazio Officina, Biblioteca.



Focus quindi sul M.A.X., creato nel 2005, in via Dante Alighieri, in quella cittadina parte di un territorio neutrale quale è, per definizione e per scelte, la Svizzera, ad opera della Fondazione Max Huber — Aoi Huber Kono. Museo divenuto nel 2010 Istituzione pubblica del Comune di Chiasso e membro dell'ICOM ( https://www.icom-italia.org/ ) Si prefigge una mission che applica in vari ambiti (grafica, design, fotografia, comunicazione visiva contemporanea), divenendo ponte tra passato e nuove generazioni (graphic design, grafica d'arte, grafica d'impresa).


NERO come MISTERO non svelato, nascosto nelle pieghe della storia e dell'attualità, in una Perugia da sempre contesa tra Chiesa, Stato (partiti) e Massoneria. Allora ecco che emblema ne diviene il  Grande Nero, nelle profondità della Rocca Paolina a Perugia, che in parte ingloba i quartieri di quelle che furono le dimore gentilizie dei Baglioni, penetrabili attraverso una scala mobile interna che conduce fino a piazza Italia. Una scultura di quasi otto metri, questa, realizzata nel 1980 dal maestro Alberto Burri e donata alla città in sostituzione di un altro Grande Nero, come spiega bene la scheda del MIC (Ministero della Cultura), Direzione generale creatività contemporanea: "La scultura Grande Nero fu concepita da Alberto Burri nel 1980 come parte del ciclo Orti (che includeva anche nove pitture), per la Fabbrica di Orsanmichele a Firenze. Donata in seguito alla città di Perugia in sostituzione di Grande Nero R.P., ritirato precedentemente dall'artista, fu collocata nei sotterranei della Rocca Paolina, presso il Salone delle Acque, luogo simbolico della città e spazio di transito aperto al pubblico. La scultura, minimale e cinetica, è un alto parallelepipedo nero la cui sommità è formata da un elemento semicircolare che ruota lentamente su se stesso, all'interno di una lunetta, grazie a un meccanismo elettrico. Le volte cinquecentesche della rocca inquadrano prospetticamente l'opera monumentale, restaurata nel 2015, accentuandone la proiezione verso l'alto".
Uno slancio nell'aere che Alberto Burri materializza attraverso l'accostamento, realistico e simbolico, tra l'ORO (cellotex, vinavil e acrilico), la tela di JUTA (cellotex, sacchi, tela e tempera) e il NERO. Già, JUTA e ORO-NERO...JUTA, NERO e ORO...

Avventura di un povero cristiano I Atto (bozzetto), 1969, cm.29,5 X 40,5.


Cellotex, entrambi datati 1977 (cm.170,5 X 255).



Altre fonti (oltre il materiale cartaceo e la testimonianza diretta di chi scrive):

https://www.umbria24.it/cultura/musei-burri-25-mila-visite-in-sei-mesi-che-tempo-che-fa-sceglie-alcune-opere-per-la-scenografia/

https://www.chiasso.ch/eventi-ch/m-a-x-museo-vito-noto-quarantanni-di-grafica-e-design-il-senso-delle-idee-2/

https://www.fondazioneburri.org/mostre/archivio-mostre/la-luce-del-nero.html

https://www.facebook.com/FondazioneBurri







...Ma mi piace qui chiudere con un saluto e uno scatto in b/n...del maestro Alberto Burri... che sentitamente contraccambia... con un semplice e naturale gesto...



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