JULIE MANET...LA PUPILLA DEGLI IMPRESSIONISTI. A SCUOLA DAI GRANDI MAESTRI!

https://www.marmottan.fr/en/expositions/julie-manet/

Fino al 20 marzo, è al Musée Marmottan Monet - Académie des Beaux-Arts. E non è un caso. Parigi le ha dato i natali, Parigi la toglie dall'ombra ... a partire dalla "Ville Lumière"...

JULIE MANET...

LA PUPILLA DEGLI IMPRESSIONISTI. A SCUOLA DAI GRANDI MAESTRI!

Una "Bobo", nel suo corpo scorre il sangue degli artefici della prima avanguardia storica. A Perugia, nella collezione Marabottini a Palazzo Baldeschi al Corso, suo è il quadro "Donna in giardino"

di Elisabetta Berliocchi Bistarelli

        Una grande emozione per me sapere che posso volare  fino a Parigi per vedere un'esposizione che attendo da tempo! Fosse anche solo un viaggio "mordi e fuggi", ne varrebbe comunque la pena. Sì, perché di Julie Manet si è parlato, soprattutto dei suoi diari... Journal Julie Manet 1893-1899. Le temps retrouvé...

...Ma finora le sue opere erano quasi sconosciute ai più. Lei non è soltanto la figlia di Berthe Morisot e la nipote di Édouard Manet. Julie è un'artista a tutto tondo. Amava suonare, dipingeva, scriveva...senza dimenticare l'amore. Si sposa infatti con Ernest Rouart, figlio di Henri Rouart, allievo di Degas e terziario domenicano, dalla critica da poco riscoperto tra le pieghe del tempo e degli eventi. Un matrimonio felice, allietato dalla presenza di una prole numerosa. Nel corpo di Julie scorre certamente il sangue impressionista, perché lei i grandi maestri li ha conosciuti davvero, in una quotidianità condivisa, e da essi ha saputo apprendere. Lo ha fatto con umiltà e "disponibilité à l'accueil", basi per qualsiasi formazione e acquisizione, come traspare dai suoi scritti. Una "Bobo" - attenzione all'accento: cade sulla seconda «o»! - . "Bobo": al contempo "bourgeoise" e "bohémienne", nell'accezione che solo la Parigi delle avanguardie e del ritorno all'ordine può dare.  Questa parola me l'ha donata la professoressa Caterina Zappia, e con essa molto altro ancora...Ha alimentato ancor più, dandomi la possibilità di esprimermi, il mio amore per l'arte francese, trasmettendomi quel sapere che ti permette di guardare, opere e capolavori, con occhi diversi, e che ti spinge, irreversibilmente, verso Montmartre e Montparnasse.

...Ma perché Julie Manet è così importante per il nostro territorio? Ebbene, in Umbria abbiamo la fortuna di avere un quadro a lei attribuito nel 2015 e parte della Collezione Alessandro Marabottini. Per ammirarlo basta fare un salto in centro a Perugia, lungo corso Vannucci, al numero civico 66, ed entrare, oltrepassando un portone, quello di Palazzo Baldeschi al Corso, posto accanto ad un'edicola di giornali. La storia di quest'opera è inestricabilmente legata alla storia del nostro ateneo, l'Università degli Studi di Perugia...Stavo sostando nello spazio adibito alla custodia e allo studio del Fondo librario Marabottini, in Facoltà a palazzo Manzoni e, mentre scrivevo ad un tavolo, mi girai e cominciai a guardare titoli e immagini. "Spigolai" frasi e parole in volumi e volumetti alle mie spalle, a portata di mano. Scattai foto a quelle pagine. A suscitare il mio interesse, le pubblicazioni dedicate alle donne artiste.  "Spulciando" il diario di Julie Manet...trovai...con mio grande e immediato stupore...corrispondenze puntuali...tra immagini e descrizioni dell'autrice e il quadro a me assegnato dalla curatrice della mostra permanente, Caterina Zappia. Era stato ascritto ad area inglese... 


"In un nuovo sito targato WordPress" della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia si trovano le sintesi (Elena Laudani: http://217.133.204.230/cariperugiaarte/2020/02/05/xii-20-donna-in-giardino-1900-1905/ ) di alcune delle schede delle 677 opere presenti nel catalogo cartaceo della Collezione Marabottini. E' stato bello essere tra quei circa 100 studiosi e autori, molti di fama internazionale, che hanno avuto modo di toccare con mano e commentare le opere del Professore . A me ne sono furono assegnate sei, tra le quali quella oggi nota come  "Donna in giardino" di Julie Manet.

...Senza falsa modestia, lo dico subito, fui io ad attribuirlo a Julie Manet, con avallo ufficiale poi della Commissione scientifica. Stefania Petrillo mi fece nell'immediato i complimenti, anche perché spostai la collocazione geografica e culturale, senza lasciarmi condizionare dalle ipotesi precedenti, ma solo dall'intuizione, sulla base di ciò che avevo studiato, di ciò che vedevo, toccavo e leggevo. Fu la prima con cui condivisi l'emozione della scoperta, una collega che con me aveva iniziato il dottorato di ricerca e che si trovava lì al momento, mentre stavo uscendo. 

Ma perché il professor Marabottini aveva acquistato quel diario di Julie? Anche se non lasciò nulla di scritto o detto, un motivo doveva esserci. Era uno dei suoi libri...quei libri che donò agli studenti. Libri, insieme alle opere d'arte, che io ebbi modo di "ricevere" e "condividere" attraverso la ricerca, la redazione e, di recente, la docenza. Di lui ricordo soprattutto una lezione d'eccezione, tenuta passeggiando per Villa Torlonia. Ammirata e in attento ascolto, procedevo accanto al Professore con gli studenti e allievi Unipg, Alessandra Migliorati e la mia Professoressa, un tempo sua allieva. 


E penso ad alcune righe di Julie Manet... nella quale chissà quanti alunni e allievi potranno identificarsi:

È molto piacevole passeggiare con un uomo arguto e di talento che vi parla come se non vi trovasse una nullità (del resto gli uomini intelligenti sono sempre indulgenti verso i giovani). Ho fatto una bellissima passeggiata da sola con M.Renoir da Essoyes a Verpillières e ritorno: è un bel giro da fare in ogni condizione di tempo. Oggi era una grigia giornata autunnale con azzurri sullo sfondo, alberi grigi e lilla; una scena dolce, con un che di Corot e di Renoir, una pittura liscia e omogenea, un paesaggio su cui era stata passata un’ampia pennellata per fondere le varie tonalità.

[…] In questo momento penso solo alla pittura; ho da fare un mucchio di cose, ma nonostante ciò comincio a dipingere tra bei pesci pescati nell’Ource. Sono completamente presa dalla pittura, e in questi giorni lavoro davvero sodo. Mi spiace molto che a Parigi non avrò più i consigli di M.Renoir, come qui; trovo che in generale io manchi di una guida, e mi sembra che non potrò mai interessare a M.Renoir. Ma «Bisogna trovare se stessi», come diceva M.Monet, e allora sgobberò da sola, guardando quel che hanno fatto i veri artisti e pensando a quello che faceva la mamma. Se l’influsso dell’ambiente artistico in cui ho vissuto si unisce a una reale predisposizione, come mi dicono le mie cugine e come la mamma mi ha detto forse anche troppo – avendo nei miei confronti troppa ammirazione, o indulgenza- allora dovrei riuscire a fare qualcosa di buono.

[Il diario di Julie Manet. 1893-1899, introduzione di Rosalind de Boland Roberts e Jane Roberts, Mondadori, Milano, p.115]

Con lucida auto-analisi, e forse eccessivo rigore verso se stessa, Julie Manet annota nel suo diario riflessioni e impressioni, mentre sboccia alla vita e all'arte. Del resto, come poteva sentirsi una fanciulla davanti a quei "mostri sacri" considerati a tutt'oggi grandi maestri: Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas...quando non Stéphane Mallarmé, suo tutore alla morte del padre, Paul Valéry...e tanti altri che hanno segnato il corso della letteratura, dell'arte e della storia contemporanea. Quella che per lei era viva attualità.

 

Collezione Alessandro Marabottini, a cura di Caterina Zappia con Stefania Petrillo e Claudia Grisanti 
(Perugia, Palazzo Baldeschi al Corso, esposizione permanente dal 21 dicembre 2015), De Luca Editori d'Arte, Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia

Scrive il professore Alessandro Marabottini Marabotti, Accademico di San Luca:

Prediletta pittura! Gli uomini semplici sentono il tuo fascino, assai più che non quello della scultura. Le signorine di buona famiglia quando mi chiedono la laurea in Storia dell’arte, alla mia domanda «ha delle preferenze», rispondono 100 contro una «pittura professore». E io le capisco. Più artificiosa e meno faticosa fisicamente della scultura, piacevolmente meno utile dell’architettura, arte dell’inganno e della fantasia, fatta con materiali docili, dal profumo di essenza, mi schiererò sempre tra i tuoi paladini col cuore, anche se con il cervello dovrò pure ammettere che non esiste gerarchia possibile tra le varie arti

[A.Marabottini, Memorie di un collezionista povero, Messina, 18 gennaio 1965, in Caterina Zappia con Stefania Petrillo e Claudia Grisanti (a cura di), Collezione Alessandro Marabottini, De Luca Editori d’Arte, 2015, p.45]


Ci sono momenti in cui lo studioso o il critico d'arte deve fare silenzio e lasciar parlare l'artista. E' ora uno di quei momenti. Questo articolo continua riportando semplicemente alcuni passi dal Diario di Julie Manet. Passi trascritti a suo tempo, nella convinzione che è attraverso le opere e le parole degli artisti stessi, che possiamo conoscerli più profondamente, più intimamente. La versione italiana (A.Mondadori, Milano, 1988) è il volume parte del fondo Marabottini. La versione francese l'ho trovata nella libreria del Musée Fabre-Musée des Beaux-Arts à Montpellier...Sembrava attendere proprio me...

2 marzo 1898 

Sempre, quando vado al cimitero, dietro il cipresso che dà ombra alla tomba di granito, vedo un cielo azzurro che sembra dirmi: «Quelli che tu piangi sono felici». Oggi, nonostante l’acquazzone, mentre pregavo è apparso un raggio di sole e si sono aperti degli squarci azzurri. Mamma, mamma! Dimmi se faccio qualcosa che ti dispiace, dimmi se prendo una strada che disapprovi; vorrei avere un carattere come il tuo, amare quel che amavi tu e che ameresti, dipingere come tu vorresti, insomma, essere tua degna figlia. Se potessi somigliarti! Come è lungo dover vivere tutta la vita senza poterti più rivedere. Voglio essere meritevole di ritrovarti un giorno. Mamma che amavo tanto, sii la mia ispiratrice.

3 luglio 1898

In riva al mare c’è un freddo polare, e non c’è modo di restare sulla spiaggia. Quando si è a una certa distanza, il mare, che è veramente bello, sembra invitante, ma quando ci si avvicina ti respinge. Facciamo una bella passeggiata sulla scogliera, da dove si domina la costa che assomiglia a quella dipinta da M.Monet a Pourville, poi ci inoltriamo nella campagna in carrozza. Il mangiare è decisamente pessimo e siamo costretti a metterci tutti a pane e latte. Passiamo la serata alla finestra di M.Renoir a guardare il paesaggio e la scogliera che si staglia sul mare, «quel ridicolo pizzo», come dice M.Renoir. Assistiamo anche a una magnifica eclissi di luna. È strano vedere l’ombra della terra proiettata su un altro pianeta. Che sensazione curiosa si prova quando si pensa che siamo su un globo. Che meraviglia tutto il creato! E come è piccolo l'uomo in realtà, mentre si crede tanto importante! Non siamo nulla a paragone di quest’immensità! E così passiamo la serata alla finestra, guardando la luna e chiacchierando, mentre il mare che rumoreggia fra i ciottoli della spiaggia fa sentire il suo sordo sciabordio.

20 ottobre 1898

M.Renoir dice che la vera pittura è quella a olio, e non quella a spirito; quest’ultimo bisogna usarlo solo per le cose che si vuole fare più in fretta. È da un mese che lavoro con l’olio; trovo che dia più consistenza e che leghi di più.

26 ottobre 1898 (dai Mallarmé a Valvins, ndr)

I giornali riportano cattive notizie a proposito di Fascioda. È una questione molto preoccupante. Sarebbe terribile dover entrare in guerra contro gli inglesi: hanno una marina così forte. Il solo pensiero mi sgomenta. Passiamo le giornate parlando del passato, a cucire e a chiacchierare in questa stanza rossa a chi vorremmo tutti rivedere in questi luoghi.

22 dicembre

Tutta presa da questi pensieri, seguendo Valéry e Jeannie dando a mia volta il braccio a Ernest Rouart, mi chiedo se per caso in questa bella serata non ci si trovi entrambe accanto all’uomo con cui condivideremo il resto dei nostri giorni…ma non è affatto detto. (Non è mai detto, ma andò così. La cugina Jeannie sposò Paul Valéry e lei Ernest Rouart. Rimasero sempre tutti intimamente legati, ndr)

12 gennaio 1899

Questa mattina ho riordinato le tele della mamma che non possiamo appendere per mancanza di spazio: le portiamo in un’altra camera al sesto piano. La vista di questi deliziosi colori, di questi disegni così belli mi ha travolto in un’ondata di ammirazione! È tutta qui, l’opera della mamma, di una donna come non se ne incontrano altre; il suo fascino si diffondeva tutt’intorno, nella sua pittura, nelle parole, negli atteggiamenti, nel fisico e nella tenerezza. Mamma, tu vivi ancora nelle tue tele, ma io non posso impedirmi di piangere per non averti più! Come vorrei poterti riabbracciare. A volte mi sento così infelice; vorrei parlare al papà, alla mamma e mi sembra quasi di poterli stringere tra le braccia; poi mi dico: «No, sarà così per sempre», e sento il cuore gonfio.

29 gennaio 1899

La collezione Pellerin. Ce ne torniamo a casa veramente entusiaste di questa collezione, che offre una preziosa testimonianza dell’opera dello zio Edouard (Manet, ndr). Che pittore! I suoi quadri colgono a pieno la realtà delle cose e il senso del movimento. Non faccio altro che pensare a questa pittura meravigliosa e piena di semplicità. Del resto la semplicità è la prima condizione della bellezza.

19 febbraio 1899

Andiamo al Louvre; guardo i Primitivi, poi nella sala dei francesi osserviamo come "La lezione di piano" di Fragonard rassomigli nella fattura e nella pennellata alle opere della mamma; c’è certamente una parentela. Abbiamo esaminato un po’ anche "Le donne di Algeri" di Delacroix, com’è bello!

19 marzo 1899 (commento dettato da un’inclinazione e da una formazione impressioniste, ndr)

Al Louvre: il nuovo Ingres, "L’odalisca", è magnifico, è la perfezione fatta quadro; la linea curva della schiena e la nuca della donna sono di una semplicità stupefacente, la mano che regge la cortina è deliziosa. Evidentemente la mia è un’impressione stupida, ma mi sembra che alcune parti siano fatte sin troppo bene, il tendaggio azzurro e gli oggetti che sono nell’angolo vicino ai piedi.

Sabato 22 aprile 1899

Paule (l'altra cugina legatissima a Julie, ndr) mostra a M.Renoir il mio ritratto in abito di velluto rosso che lei ha appena terminato, e io a mia volta gli faccio vedere  quello con Jeanne al piano e Paule che l’ascolta. M.Renoir ci consiglia di rifare alcuni particolari, ma nel complesso è incoraggiante. Trova che alcune parti vadano bene.”


Ma voglio qui concludere con due citazioni tratte da un volume uscito in occasione della mostra dedicata ai Rouart, generazioni di artisti e collezionisti: Les Rouart. De l'impressionnisme au réalisme magique  par Dominique Bona (Gallimard, Paris, 2014).

Waldemar George, il critico d'arte al centro delle mie ricerche e che la stessa Caterina Zappia mi fece conoscere, si è occupato dei Rouart. Di certo si sarà imbattuto anche in Julie Manet Rouart. A proposito di Augustine Rouart, Waldemar George "scolpisce" con l'inchiostro una frase che vale per ogni membro della famiglia (Bona, 2014, p.32) :

Le Beau tel qu'il le conçoit et tel qu'il l'envisage est le splendeur du Vrai

Sempre in questo catalogo si trova una notazione di Frédéric Vitoux sui Rouart (p.103): 

[...] dans leurs propres peintures circule un air de parenté. Regardez ces sous-bois, ces maisons bourgeoisesces allées, ces ciels tourmentés, ces portraits des uns et des autres, dans leur vie domestique! Corot n'est jamais loin, ni Monet, ni Renoir, ni Berthe Morisot. Et pour cause, il étaient de leurs proche. Ou ils leurs étaient apparentés.

E ancora alcune considerazioni di Charles Villeneuve de Janti, directeur du Musée des Beaux-Arts de Nancy (pp.162-163): 

L'art peut donc être une histoire de famille, même si tout ne vient pas de là. On peut se former au contact de ses parents, s’enivrer d’effluves de térébenthine ou prendre goût au parfum de l’huile de lin qui véhicule les pigments de la peinture, apprendre le dessin ou accepter des séances de pose; les enfants d’artistes sont souvent des «enfants modèles», comme l’illustrent , avec une tendresse toute maternelle, les nombreux portraits de Julie Manet par Berthe Morisot. Mais devenir artiste implique plus que tout cela, car il ne s’agit pas de copier mais bien de créer. Le peintre est un démiurge et doit donc dépasser le stade de l’imitaton. Ut pictura poesis; il ne suffit pas de savoir écrire pour être poète. L’artiste doit posséder quelque chose de plus: le génie. Dans La critique du jugement, Kant définit ce dernier comme une disposition innée de l’esprit par laquelle la nature donne ses règles à l’art. La pensé kantienne forge ainsi le mythe de l’artiste venent au monde telle Athéna parée de ses armes. Ce génie congénital renvoie donc à la naissance. Si le génie ne peut s’acquerir, il peut cependant se transmettre.

... ORA IO VI CHIEDO: MA E' DAVVERO COSI'? ...


...Paris nous attend...rendez-vous au Musée Marmottan-Monet...

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