“È BELLO VIVERE LA VITA DA LUCIDI!” COMUNITÀ INCONTRO, L’ARMONIA CHE NASCE DALLA DISARMONIA.
Amelia, casa-madre Molino Silla.
L’eredità di don Gelmini tra ordine e bellezza, impegno, sacrificio e poesia.
L’eredità di don Gelmini tra ordine e bellezza, impegno, sacrificio e poesia.
“È BELLO VIVERE LA VITA DA LUCIDI!”
COMUNITÀ INCONTRO, L’ARMONIA CHE NASCE DALLA DISARMONIA.
Tre giovani si raccontano. “Stati generali” sulle dipendenze, porte aperte ai giornalisti.
Potevano scegliere. E hanno
scelto. Hanno scelto di restare qui e proseguire un cammino, a volte duro,
perché la strada imboccata, che sembrava la più facile, scendeva giù, proprio
giù, e risalire fa fatica. Meno, se c’è qualcuno a tenderti una mano. Giorno
dopo giorno.
Potevo scegliere. E ho scelto. Ho
scelto di stare in presenza ad ascoltare tutti gli interventi, ma soprattutto
le storie di vita vera raccontate dai giovani ospiti della Comunità Incontro e
da chi li accompagna a riprendere il viaggio della vita, fuori. E mi sono
emozionata, dentro, senza fermare la mia mano, mentre scrivevo, ascoltando e
sentendo.
Una veduta degli spazi esterni. Sullo sfondo la Palestra. |
Appena entrata ho sentito parole come: “lotta alle
diseguaglianze”, “le nuove generazioni sono, devono essere inclusive”, “dolore,
disperazione, disagio degli ultimi”, “raccontare fragilità, dipendenze”: a
parlare Giovanni Parapini, direttore Rai per il Sociale.
"San Francesco" |
Sala Rossa. Il regista Lorenzo Letizia. |
In sala anche il regista Lorenzo Letizia,
autore, insieme a Carolina Ellero, di un DOCUFILM che vuole “raccontare una
comunità in un momento storico particolare”. Per realizzarlo, tanto tempo. Un
mese e ancora di più: “integrarci, vivere questo spazio, conoscere le persone
che risiedono qui dentro, personale e ospiti”. E dar loro voce. Anche quando, “entrando,
si sceglie il silenzio”. E allora, per
parlare, si fa poesia. Sono circa 70 i professionisti dell’équipe: medici,
psichiatri, psicologi, educatori, in forza a Molino Silla, ha specificato
Nicolasi. Con tre unità mobili, accompagnati dalle forze dell’ordine, vanno pure
in cerca di persone in difficoltà su strada, “facendo salire chi chiede aiuto,
incondizionatamente. I finanziamenti sono pubblici e caritatevoli.”
I servizi offerti, riassunti in breve nella foto di un tweet del 26 settembre.
POESIA e PROFESSIONALITÀ dunque. Anche del regista, che compie una “scelta etica”,
quella di documentare, nel rispetto di “diritto di cronaca e privacy”, “senza
mostrare volti, nomi, identità”. Come? “Senza usare pixel, ma attraverso ritratti
di spalle, silhouettes, visi offuscati. Cinema d’avanguardia. Inquadrature
fisse, evocative, camera sempre su cavalletto, ‘quadri’. Girato tutto in slow
motion e dissociando l’audio dall’immagine. Per instaurare una relazione il
microfono è meglio della macchina da presa.”
![]() |
Sotto la foto di don Pierino Gelmini, un uomo racconta e si racconta... |
Offrire “l’esperienza
dell’ascolto” … “e del tempo”… per “perdersi
nell’immagine e ascoltare le parole”, cercando di “fare di questa scelta etica
una scelta di stile”, estetica, non censura. Musica, testimonianze, suoni della
campagna circostante…tutto molto lento… Unicamente per l’occasione, tre
i ‘montati’, di pochi minuti ciascuno, donati alla stampa. Le mura della Comunità sono state avvertite come una sorta di protezione dalla pandemia e da ciò che ha sconvolto la quotidianità, non a Molino Silla, dove tutto è arrivato attutito, come un'eco lontana.
Nelle immagini, qui accanto e in chiusura, alcuni frames.
Nel 1993 don Pierino Gelmini volle la "Torre della Memoria" |
E' dedicata alle vittime delle mafie, in particolare all'amico Giovanni Falcone, con il quale collaborava, a Francesca Morvillo e agli agenti della scorta, morti nella strage di Capaci. I loro nomi sono sul campanile. Fu il primo magistrato a permettere la pena alternativa in Comunità per i ragazzi agli arresti domiciliari per problemi di tossicodipendenza.
LA LEGGE, LA DEONTOLOGIA, IL
GARANTE: a specificare riferimenti normativi, vecchi e nuovi, e casi specifici,
ci ha pensato Fernanda Fraioli, giudice della sezione d’appello della Corte dei
Conti e pubblicista. Ha richiamato giornalisti (e oggi anche bloggers), alla
continenza, pertinenza, essenzialità, sottolineando, da magistrato, che “il
diritto alla riservatezza è sempre primario rispetto al diritto di
informazione”, tanto più per i minori, che vanno tutelati, anche quando c’è il
consenso dei genitori, e ribadendo quel “no alla spettacolarizzazione delle
indagini”. Ai giornalisti, “compagni di viaggio dei magistrati, che portano a
condivisione nel mondo esterno”, offrendo un “servizio”, “è lasciato il libero
arbitrio. Il giornalista ha già in sé i limiti e deve sapere, quando ha la notizia
sottomano, scolpite come su pietra”, queste regole e leggi.
Le vetrate della Sala Rossa dall'esterno |
E I RAGAZZI DELLA COMUNITÀ
INCONTRO? TRE LE TESTIMONIANZE. La prima, di un giovane cresciuto in un
orfanatrofio, poi adottato da quella che oggi è la sua famiglia. Ecco però le
droghe, i cannabinoidi e, al compimento dei 18 anni, la scelta davanti alla
quale lo mettono i genitori (“noi un delinquente in casa non lo vogliamo!”), lo
spaccio, “a 23 anni in galera per due anni… finché “mi sono detto: «che
stai a fare qui?». C’era lo psicologo del Sert” ed è passato alla Comunità
Incontro Onlus. “Durante la pandemia mi hanno accolto per 15 mesi e dopo
12 mesi sono tornato anche a casa.” Un giovane che si racconta ai microfoni,
regalando un pezzo di sé, per un fine più alto, perché possa servire magari a
qualcun altro.
Poi è stata la volta di una ragazza (il suo intervento l’ho riportato su Instagram, nel testo insieme alla foto con le parole di don Pierino Gelmini: “Siate forti, siate chiari, siate liberi”).
Il terzo ospite ad Amelia
ha rivelato di aver iniziato a 13 anni con una canna. “Mi sembrava una piccola
cosa. Non mi è mancato niente a livello materiale. Cercavo un’emozione forte.
Dalla canna sono passato ad altre droghe. A 15 anni la cocaina. A 17 anni
l’eroina. A 19 anni, vedendo la sofferenza che portavo ai miei genitori e ai
miei fratelli, sono entrato in comunità. Prima una, poi un’altra. Scappavo. A
21 anni, il reato: rapina in farmacia. Da 4 mesi sono qui. Convivenza forzata,
regole…è faticoso. Mi manca l’odore di casa mia, vedere mia sorella tornare da
scuola. Ho rivisto mio fratello più grande”. Si lascia andare ad una frase
inaspettata: “è bello vivere la vita da lucidi! scegliere di vivere
un’esperienza appieno, lucidi!”
“Spero che ne facciate buon uso”,
ha sottolineato Chiara Sabatini, psicologa, prima che iniziassero ad aprirsi e
a parlare di fronte alla platea e in streaming. Spero che chi legge, aggiungo,
ne faccia buon uso!
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