BICOCCA, ENGAGEMENT E INCANTAMENTO TUTTO IN UNO ...a MILANO Roberto Saviano spopola!!

BICOCCA, ENGAGEMENT E INCANTAMENTO TUTTO IN UNO.
...A MILANO ROBERTO SAVIANO SPOPOLA!

di Elisabetta Berliocchi Bi-star-elli

La sala gremita. Arrivano alla spicciolata. Bisogna tenere conto anche di questo, prima di iniziare lo spettacolo. Questo termine, "spettacolo", mi pare improprio perché, per quello che dice al microfono, paga il prezzo...l'impossibilità di avere una vita affettiva, sentimentale, genitoriale o sessuale serena. "Un'esistenza blindata" la sua, come dice lui stesso. Il rischio nella vita c'è sempre. Si può morire da un momento all'altro per un niente. Ma "un conto è la mafia, che uccide, fa stragi", compie azioni con freddezza e ferocia, altro conto è "la conventicola di raccomandati", per usare frammenti da un'intervista che ho fatto al Procuratore Fausto Cardella nel novembre 2022. L'ho intervistato per la sua storia professionale, per il rispetto dovuto alla carica, per cercare di far luce su ciò che ci attornia. AGGIUNGO. CAMBIA LO STILE. E IL TIPO DI MORTE: LA MORTE "CIVILE". SÌ, ESISTE ANCORA QUESTO TIPO DI "CONDANNA A (alpha privativo) VITA", COSÌ COME ESISTONO LA DAMNATIO MEMORIAE E "L'ACCANIMENTO TERAPEUTICO" CHE NON RISPARMIA NEMMENO I BAMBINI. Quando si pensa, quando si scrive, quando si parla, soprattutto se nel farlo si punta il dito, occorre mettere in chiaro i distinguo. L'ho puntato pure io, quel dito. Alle mie mani in movimento sulla tastiera, però, non c'è disegnato il sangue, come nel libro "Sono ancora vivo" di Roberto Saviano illustrato da Asaf Hanuka. C'è lo smalto rosso, che raramente ho usato (si contano su una o forse due mani le volte). Finora. Rosso fiammante come la Ferrari. Rosso come il sangue vivo. Rosso simbolico come simbolica è ogni cosa nella storia dell'arte e in certi ambienti di ispirazione massonica. Simbolico però non vuol dire ambiguo. I simboli li utilizza anche la chiesa, disseminati nella liturgia, nella pittura, nella scultura, nell'architettura sacre. Esiste addirittura un canto liturgico intonato dai francescani, anzi due che vale la pena leggere e ascoltare, "Symbolum 77" e "Symbolum 80" danno la misura di quanto questo termine possa essere determinante e al contempo frainteso, vituperato, svilito, dato, non a caso, in pasto senza difese. Quel parlare tra le righe, che all'apparenza non sporca le mani e la bocca, ma il cuore sì. Sembra possibile restare impuniti proprio per la sostanza del suo essere e la zona dove si muove: l'ambiguità e l'ombra. Invece capita talvolta, come nel caso di Roberto Saviano, che qualcuno dica "NO!", e quel no rompe il silenzio. Capita che quel CODICE (che non è certamente quello del diritto), con il quale comunicano e mandano messaggi cifrati le mafie, anche platealmente, venga colto, decodificato e smascherato da giornalisti e forze dell'ordine, sempre in allerta e "con le orecchie dritte". Capita che vengano condannati, sebbene dopo 15 anni, e nonostante un primo passaggio indenne in tribunale. E’ il caso del boss Bidognetti e dell’avvocato Santonastaso, citati ieri sera al Teatro Arcimboldi di Milano, in zona Bicocca, per quelle parole apparentemente innocue scagliate contro i giornalisti Roberto Saviano e Rosaria Capacchione. Non è una deminutio indicarli come giornalisti, lo sono. E noi giornalisti qualche tutela in più ce l'abbiamo. “Speriamo che arrivi il messaggio che non si può impunemente aggredire chi fa informazione, nemmeno in un’aula di giustizia”, commentava nel maggio 2021 il presidente Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana) Giuseppe Giulietti. “Noi saremo sempre al suo fianco dei cronisti, anche di quelli meno noti, precari o che non hanno la forza di denunciare. Questa decisione ci impegna a essere sempre più presenti” (Minacce a Saviano, condannati il boss Bidognetti e l'avvocato Santonastaso. Lo scrittore: "I Casalesi non sono invincibili" - Il Fatto Quotidiano). Esiste infatti la "scorta mediatica", che sta accanto e sostiene chi si prende la "briga" (no, i giornalisti non sono "brigatisti", "terroristi", per il semplice fatto di essere giornalisti e di esercitare la propria professione in uno Stato di diritto) di denunciare. Esiste una "scorta (chiamiamola così) parentale e territoriale”, negli ambienti mafiosi, che sta addosso a chi non segue certe regole, le regole dell’organizzazione, quel tipo di "scorta" che se ne frega delle leggi dello Stato, facendosene talvolta beffe. Lo raccontava ieri sera dal palco. Esiste un altro tipo di rete che avvolge Roberto Saviano, la "rete del consenso", un consenso non imposto ma scaturito spontaneamente da lettori, ascoltatori, per i motivi più diversi, soprattutto perché dà voce a chi non ha voce. Trovo certe sue affermazioni legate al pensiero politico-partitico non in linea con il mio pensiero, il mio sentire, il mio credo e il mio vissuto. Ma il resto sì!! Eccome se sì!! E sto lì, ad ascoltarlo, mentre parla di antimafia, di rispetto della dignità umana, di libertà di stampa e di espressione. E sto lì a vederlo un po' stanco ma felice, sorridente e accogliente al firmacopie, con spontanee esplosioni di affetto, scrosci di risate. C'ero. Ci sono. E ci sarò. Ancora. Ho visto uno dopo l'altro ogni saluto, da quell'angolo a pochi passi formato da due divani grigi, addossato ai listelli di legno. Dritta in piedi, non ho abbassato o distolto quasi mai lo sguardo. Non mi sono mossa. Ho guardato i suoi occhi, non la sua celebrità. Non tanto come giornalista (certo pure quello), ma come persona, come ognuna di quelle persone in fila al firmacopie, una fiumana, una marea di gente che sembrava non finire mai. Gente che voleva stargli accanto, stringergli la mano, scambiarci due parole. Chi in un modo, chi in un altro. Ho sempre fatto la fila per salutarlo. E aspettato. Ieri sera di più, rimanendo ferma all'angolo. Sono rimasta lì fino all'ultimo, fino all’ultimo spettatore, fino all'ultimo minuto, fino all'ultima goccia.. in piedi. Ho chiuso la fila (quasi!!) con un sorriso, con un dono e con una stretta di mano. Forte. Guardandolo dritto negli occhi.
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