... Quei dipinti che non vidi ...
...taccuino di viaggio... |
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QUEI DIPINTI CHE NON VIDI
Una cartella semplice, disadorna,
come quelle utilizzate per raccogliere documenti. Ma lì dentro c’è tutto un
mondo, il mondo di quell’uomo solo, discreto, imbarazzato, costretto dalla
necessità ad aggirarsi tra i tavoli di un ristorante di Sanremo nel tentativo
di vendere frammenti della sua arte, lacerti della sua anima a turisti distratti,
sgarbati. Quasi invisibile, si muove in cerca di un po’ di attenzione, sussurrando, nel timore di disturbare: “Posso mostrare i miei quadri?” E ad un
semplice no manifestato con il cenno del capo, subito scivola via verso un altro
tavolo, dove nemmeno si accorgono di lui, o forse fingono di non averlo visto, continuando a ridere risate grasse. E lui, che aveva iniziato ad aprire la sua
cartella piena di dipinti colorati, la richiude subito, quasi scusandosi di
aver involontariamente incomodato il prossimo. No, non è autosuggestione.
Quell’uomo non era abituato a vendere il suo presunto talento per strada. Si
vedeva chiaramente. Era lì, pronto ad offrire la sua anima messa a nudo a gente
gretta, ed io, in quel momento, ero quella gente. Ero stanca, avevo speso quasi
tutto, avevo già risposto di no a due extracomunitari che proponevano giochini
improbabili, immaginavo volesse farci il ritratto e quindi mostrarci i suoi
lavori al carboncino. Non ero in vena di mettermi in posa. Invece no. Non ero
riuscita a scorgere tempestivamente la sua delicatezza, la sua gentilezza
d’animo che si percepiva nei gesti, nella voce, nelle azioni. Ed avevo perso
l’attimo. Volevo richiamarlo, ma ero lì incollata alla sedia a guardarlo mentre
si rivolgeva ad altri. Più tardi pregai Dio che lo facesse ripassare o che mi
permettesse di incontrarlo magari dopo cena, nel viale lungomare. Invece no.
Ero stata distratta. Mi ripetevo che non era da me, mi chiedevo come avessi
potuto farlo, e da un lato adducevo altre scuse (se avesse mostrato i dipinti e
non li avessi comprati sarebbe stato più offensivo), da un altro mi logoravo
facendo salire le lacrime agli occhi. Mi veniva in mente la frase di Schindler’s List (sì, lo so, non devo
esagerare ma…) proferita alla fine del film da Liam Neeson, che aveva comprato
più di mille ebrei salvandoli da morte certa: “Questa spilla, due persone per
questa…La macchina…Ho speso tanti soldi, lei non sa quanti, se avessi…” Certo
non era paragonabile la situazione, ma il principio era lo stesso. In vacanza
io avevo comprato di tutto, volumi d’arte, oggetti d’arte….ed ora, l’ultimo
giorno del viaggio di nozze (mi rimanevano 50 euro, volevo tenere in tasca
almeno quelli), avevo la possibilità di acquistare l’unica cosa che valesse per me la
pena acquistare e riportare dal viaggio: uno di quei quadri. Ma non lo avevo fatto. Non avevo nemmeno
voluto vederli. Io, che ritengo l’arte una delle mie ragioni di vita e che
vorrei che tutti fossero felici, avevo perso l’occasione di appagare il mio
senso estetico e al contempo far mangiare un artista e magari la sua famiglia.
Un tempo non sarebbe successo. Mio marito mi ripeteva che allora avrei dovuto
comprare anche i giochini dagli extracomunitari, perché ognuno ha una sua
storia, magari struggente, alle spalle. Ero d’accordo con lui, ma non riuscivo a
togliermi dalla testa quegli occhi, quegli occhi dolci e malinconici che
tradivano un’anima pronta a mettersi a nudo attraverso forme e colori. E intanto
mi chiedevo: “Troverà qualcuno che ammiri e apprezzi i suoi dipinti?”
P.S. Era il luglio 2009, quando tornammo in auto dalla Provenza e dalla Costa azzurra, passando anche al ritorno dalla costa ligure. Era il 19 marzo 2010 il giorno in cui scrissi, nero su bianco, questo ricordo ancora vivido. Ho il file, rimasto immutato. Da lì ho preso testo e data di questo articolo senza tempo. Senza tempo, come un altro che mi capitò di scrivere in treno e pubblicare sulle pagine del 《Corriere di Rieti》. Era il gelido inverno 2002 al Terminillo. Guardavo un uomo che dormiva disteso nel mio vagone per ripararsi dal freddo, così mi spiegò il controllore...e iniziai a scrivere con le viscere, con la mente e con il cuore...
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